Aspraggine, Lattuga amara o Erba lattaiola

Una comune infestante dell’orto buona da mangiare

Datagiovedì 26 marzo 2020

Chi coltiva un orto o un giardino conosce molto bene questa “erbaccia”, specialmente quando in estate forma vigorosi cespi che , se lasciati andare a seme, si diffondono velocemente in tutto il terreno coltivato. I semi germogliano a fine estate con le prime piogge, o anche prima se hanno beneficiato delle innaffiature dell’orto o dei temporali estivi; velocemente si sviluppano in autunno le rosette basali, molto ricercate durante il periodo invernale. Ho imparato a impiegare questa pianta grazie a una anziana signora delle parti di Monzuno, che raccoglieva principalmente questo radicchio. Nella, così si chiamava questa signora, era depositaria della sapienza antica, tramandata un tempo di generazione in generazione, da donna a donna, per via orale…una sapienza che ha permesso di sfamare e curare famiglie intere, e non solo in tempo di guerra, ma come quotidiana alimentazione; quando le distanze erano vissute col tempo di chi si sposta a piedi e di zona in zona, di valle in valle, di crinale in crinale la pianta stessa pianta veniva chiamata con nomi dialettali lievemente diversi di località in località. Ricordo che per me, ancora ragazza all’inizio dei miei studi botanici, fu una sorpresa scoprire che questa erba, devo dire sinceramente neanche tanto bella perchè dalle foglie ispide e cosparse di verruche bianche, costituisse un ricercato raccolto per arricchire la mensa delle case di campagna.

E’ una pianta molto tenace, che riesce a vegetare anche ai bordi delle strade asfaltate, nei luoghi argillosi, su terreni incolti, ma che predilige comunque terreni smossi, che può velocemente occupare e colonizzare coi suoi semi portati in volo dai pappi piumosi. Per chi coltiva, raccogliere la Aspraggine è un atto furbo, un risparmio di energia perché al tempo stesso si fa diserbo nell’orto, nel campo, nel giardino. Questo punto di vista “ergonomico” può anche indurci a mantenere le infestanti nell’orto perché spesso sono molto più ricche di proprietà e di energia vitale rispetto alle piante che vi coltiviamo con fatica e, che annaffiamo, che fertilizziamo, che proteggiamo dagli attacchi di parassiti, di funghi..….e devo dire per esperienza che ho visto non poche coppie discutere animatamente sulla gestione dell’orto, perché una a favore del mantenimento delle infestanti utili, mentre l’altro desideroso di un orto ordinato, dove le piante coltivate crescono come soldatini sull’attenti comandati dall’alacre ortolano.

Come per la maggior parte dei radicchi o cicorie di campo, anche la Aspraggine va raccolta prima della fioritura, quando la rosetta basale è ricca di foglie sviluppate e ancora tenere. La si recide sopra la radice e, come abbiamo visto per le altre erbe, anche in questo caso col taglio favoriamo il suo ricaccio e ci assicuriamo un continuo raccolto. Nel caso invece la vogliamo estirpare dall’orto, dobbiamo andare più in profondità per estrarre l'intera robusta radice fittonante.

La Aspraggine appartiene alla famiglia delle asteracee o composite. Il suo attuale nome scientifico è Heminthothecha echioides (ma fino a non troppo tempo fa si chiamava Picris echioiodes). Le sue foglie sono allungate e lanceolate, il margine è intero o leggermente dentellato e sono cosparse sulla pagina superiore di verruche biancastre e di peli ispidi, presenti anche sul fusto e sulle brattee. Se spezziamo il suo fusto o se lo recidiamo con un coltello, ne trasuda un latice bianco che conferisce alla pianta un sapore amarognolo. Quando si sviluppano i fusti, alti fino ad 1 metro e terminanti con ramificazioni a racemo portanti i piccoli capolini di fiori gialli, si nota un’ulteriore caratteristica che permette una sua facile identificazione. Ogni capolino infatti si inserisce su 3-5 squame fogliose a forma di piccolo cuore che lo abbracciano alla base.

E a questo punto passiamo al suo uso in cucina: come al solito preferisco evitare di bollire le foglie ma tuttalpiù sbollentarle un attimo per farle ammorbidire. Poi possono essere cotte in padella da sole o con altre cicorie di campo, usate per erbazzoni, torte salate, frittate, calzoni, zuppe. Per il loro sapore amaro io preferisco abbinarle all’aglio e al peperoncino, oppure usate come ripieno di calzoni o copertura di pizza, assieme al pomodoro ottimo anche coi pomodorini secchi sott’olio, alle olive nere, al feta o alla mozzarella…e se proprio vogliamo esagerare con qualche acciuga spezzettata.

Un’altra pianta comune negli stessi luoghi e con un ciclo vitale analogo è Piscris hieracioides. Anche se meno ricercata è comunque buona da mangiare, meglio se in misticanza assieme ad altri radicchi perché le sue foglie sono meno carnose e quindi non proprio di soddisfazione se mangiate da sole. Le foglie sono lanceolate ed acute, intere o sinuate al margine, mentre quelle lungo il fusto sono lineari lanceolate. I capolini sono portati sempre in racemi allungati e attorno ad ogni capolino, si dipartono le brattee lanceolate a formare una sorta di coppa.

Entrambe le piante hanno proprietà rinfrescanti, emollienti, lassative, amarotoniche, antiemorragiche e antinfiammatorie e inoltre contengono minerali in particolare Potassio, Calcio e Ferro e vitamine C, D e K. La poltiglia delle foglie fresche pestate al mortaio, o all’occorrenza masticate, serve per contenere l’emorragia di ferite improvvise.

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