Grespino o Cicerbita selvatica

Sonchus asper e Sonchus oleraceus

Datamartedì 24 marzo 2020

Grespino, cicerbita. Crespigno

Si tratta di un’ erba molto comune ai bordi delle strade, nei terreni lavorati, nei campi, nelle aie delle case di campagna e in generale nelle zone ruderali.

Fa parte delle erbe che si raccolgono prima della fioritura, quando la rosetta basale di foglie è più ricca , dato che all’emissione dei fusti fioriferi la maggior parte dell’energia della pianta va verso il compimento ultimo del suo progetto, cioè la fioritura per poi produrre i semi e così rinnovarsi, riprodursi e generare nuovi individui propagando la specie. Molte sono le specie del genere Sonchus di cui 6 presenti nella flora italiana. Le due specie più comuni sono il Sonchus oleraceus e il Sonchus asper. Entrambe assomigliano ai cardi tanto che in sud Italia sono spesso chiamate Cardillo. Le foglie si inseriscono direttamente sul fusto senza picciolo, sono lanceolate e lobate e appuntite con spinette nel S. asper, mentre più tenere ,con 2-5 lobi per lato, lisce e opache in superficie quelle del S. oleraceus. Appartenenti alla famiglia delle composite o asteracee, hanno i fusti che terminano con cime corimbose che portano infiorescenze a capolino; sul ricettacolo si inseriscono infatti una moltitudine di piccolissimi fiori ligulati color giallo pallido. I frutti sono dei piccoli acheni portanti un appendice piumosa (pappo) per permettere la dispersione ad opera del vento. Come avviene spesso nelle erbe appartenenti alle asteracee, se spezziamo il fusto, le foglie, o i boccioli fiorali, notiamo uscire un latice bianco. L’idea che le piante che secernono latice siano tossiche se non velenose, è errata, basta pensare che anche la lattuga e il tarassaco lo producono.

L’uso di quest’erba in cucina è molto diffuso, come testimoniato dai tanti nomi con cui viene volgarmente nominata (Cardillo, Cicerbita, Grespino, Grespigno, Frasbda…). Ricercata principalmente nel periodo invernale e di inizio primavera, quando spesso ha le foglie che virano verso il violetto, la si raccoglie tagliando col coltello alla base della rosetta, per permettere così che ricacci e per poterla raccogliere più volte. La radice è fittonante e profonda; citata da Plinio il vecchio come pianta tonica, l’ingrediente speciale che ha dato a Teseo la forza per affrontare e uccidere il Minotauro. I cinghiali sembrano ben conoscerne la ricchezza nutritiva delle sue radice, perché, purtroppo per esperienza diretta, noto che sono molto ricercate anche dai cinghiali durante il periodo invernale, quando il cibo verde scarseggia. Anche se non è una pianta medicinale, tuttavia, come tutte le erbe selvatiche usate in cucina, ci porta l’energia e la forza di un vegetale spontaneo e selvatico, e non coltivato e cresciuto artificialmente. Vitamine, fibre, clorofilla, acido folico, sali minerali arrecano un complessivo effetto antiossidante e depurativo. La pianta inoltre era tradizionalmente impiegata per combattere l’iperacidità gastrica e le infiammazioni intestinali. La radice infine può essere tostata e macinata come sostituto del caffè.

Nonostante l’aspetto poco invitante perché ispido se non proprio spinoso, è un’erba ottima da mangiare sia cruda che cotta. La consiglio in insalata, dopo essere stata tagliata finemente, condita con olio e succo di limone (il succo di limone è un forte antiossidante ed evita la degradazione di vitamine come la Vit C , che si ossida facilmente con l’ossigeno e con il calore). Quando la pianta si accresce possiamo raccogliere solo le foglie alla base e lungo il fusto: in questo caso probabilmente le foglie potrebbero essere diventate un pochino più dure e sono più adatte ad essere consumate cotte . Sono ottime da sole , in padella con aglio e olio, oppure per erbazzoni, pizze e calzoni, zuppe e misticanze. Sconsiglio di bollirle , per evitare di perdere nell’acqua di cottura i principi nutrivi, tuttalpiù, nel caso siano divenute coriacee, basterà sbollentarle un attimo in acqua bollente.

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