Il Biancospino

Pianta sacra di protezione

Datasabato 04 aprile 2020

Oggi, mentre lavoravo nell’orto, una folata di vento ha portato l’aroma inconfondibile del biancospino in fiore, che ha pervaso l’aria tutt’intorno. E nella siepe vicina che cinge il campo a Nord intravvedo qua e là i suoi bianchi fiori. Sarà per questo intenso profumo, sarà che in effetti l’arbusto è così spinoso da offrire sicuro rifugio a piccoli mammiferi e uccelli che vi nidificano indisturbati, sarà che assieme al prugnolo e alla rosa canina, forma siepi intricate e spinose che proteggono e riparano campi e case serrando l’accesso a chiunque…oppure sarà per i suoi delicati fiori bianchi che al momento dell’antesi risplendono di bellezza, grazie alla coroncina di stami centrali con le antere rosate, o sarà per i suoi frutti, delle drupe rosse che lo adornano in autunno e che forniscono cibo agli uccelli stanziali…comunque sia il Biancospino è tradizionalmente considerato una pianta di grande protezione. Secondo la tradizione greca i suoi rami in fiore erano impiegati per adornare gli altari e per fare ghirlande; a Roma veniva chiamato “alba spina” , impiegato per adornare gli altari durante i riti nuziali, ma anche usato per il magico potere che gli veniva attribuito, grazia all’analogia delle aguzze spine segno di protezione e tutela, e per questo era messo sulle culle dei neonati per proteggerli. Legato da sempre alle antiche divinità femminili come Artemide, Flora (la madre dei fiori e divinità della Primavera per i Romani), Cerere, Carna e Maia (la Madre Terra dei Romani), e in seguito, come avviene puntualmente nella trasposizione dei riti e delle divinità da religione a religione, nel cristianesimo diviene il simbolo della Vergine Maria. La leggenda racconta che la Madonna, mentre scappava in Egitto con il bambin Gesù, si addormentò riparata e protetta tra i rami di un arbusto spinoso, e quando al mattino si svegliò la pianta era coperta di una miriade di piccoli fiori bianchi a stella, profumatissimi…era il Biancospino. Il suo uso magico si è protratto indiscusso nei secoli, tanto che era impiegato per adornare il palo di maggio e garantire così protezione e prosperità, attorno al quale si danzava secondo riti propiziatori per assicurarsi fertilità. Ancor più presente è nella tradizione celtica, dove è chiamato “Huath” che significa terribile, ad indicare il timore reverenziale verso ciò che possiede un’energia molto potente: infatti era considerato la dimora segreta delle fate, degli spiriti del bosco e delle entità che abitano il mondo verde; queste erano giocose e benevole se trattate con rispetto, ma anche terribilmente dispettose verso coloro che non le riconoscevano o peggio ancora, che le offendevano. Per questo il biancospino era molto onorato ed era assolutamente vietato abbatterlo. Nelle tradizioni celtiche il biancospino è tutt’ora impiegato nei riti di celebrazione di Beltane ed ha un interno giorno a lui dedicato: il 13 maggio, “ il giorno del biancospino”. Anche in questo caso sono le sue spine a conferirgli per analogia la capacità di protezione, tanto da essere ritenuto l’albero che protegge dall’inferno.

In Inghilterra pare ci sia ancora il Biancospino piantato da Giuseppe d’Arimatea (il membro del sinedrio che si rifiutò di condannare Gesù). La leggenda racconta che Giuseppe, dopo aver raccolto il sangue di Cristo ed averlo sepolto, partì per la Britannia e una volta giuntovi piantò il suo bastone per terra: il bastone germogliò dando vita ad una pianta di biancospino, e proprio accanto a quella pianta Giuseppe d’Arimatea decise di edificare la prima Chiesa. Da allora quel biancospino fiorisce nel periodo natalizio a rappresentare l’immacolata concezione nei candidi fiori, il sangue di Cristo negli stami, e la corona di spine nei suoi rami.

Una pianta che evoca quindi purezza, protezione, amore e forza, la stessa forza che troviamo nella radice etimologica del nome generico: dal termine greco Kratos che significa appunto forza. Amore e forza ribaditi anche nelle segnature planetarie che vedono il Biancospino legato a Venere per la dolcezza dei fiori e l’effetto calmante sul cuore, ma anche Marte per le spine aguzze e per i frutti rossi come il sangue.

I fiori e le foglie del biancospino sono impiegati tradizionalmente in fitoterapia, raccolti al momento dell’antesi, cioè appena aperti, perché maturano molto velocemente e dopo pochi giorni alla minima scossa perdono i petali. Contengono Flavonoidi (iperoside, vitexina, luteolina, rutina, quercetina, apigenina); Leucoantocianidine; Acidi triterpenici pentaciclici (ac. ursolico, ac. crategolico, ac. oleanolico, ac. acantolico, ac. neotegolico); Acidi fenolcarbossilici; Steroli, Amine ed aminopurine.

Il Biancospino è il rimedio d’eccellenza per il cuore, a cui porta conforto a tutti i livelli. Impiegato nel trattamento di lievi insufficineze cardiache, come aritmie, papitazionie ipertensione arteriosa. Grazie ai principi attivi conferisce forza alla muscolatura cardiaca (manifestando la sua parte legata a Marte) , ma rallenta e rende regolare il battito cardiaco, portando serenità, fiducia e calma (ed ecco la parte legata a Venere).

L’uso del biancospino in cucina risale addirittura al Neolitico, come testimoniato dai siti archeologici dove sono stati rinvenuti i suoi semi. I frutti infatti contengono amido e in Europa del nord venivano impiegati per fare il pane, assieme alla farina; usati anche in marmellate o fermentati per farne bevande leggermente alcoliche.



Appartenente alla famiglia delle Rosacee, è un arbusto, talvolta alberello, alto dai 2 ai 5 metri. I suoi rami terminano con aguzze spine, foglie semplici, ovali e lobate, con piccole stipole all’inserzione sui rami. I fiori bianchi o leggermente rosati, sono riuniti in corimbi. La corolla è formata da 5 petali subrotondi e stami violacei; a maturità si forma il frutto: una drupa rossa e carnosa, che contiene in genere un nocciolo (da cui il nome specifico monogyna). Cresce in tutt’Italia, frequente nelle siepi, ai margini dei campi e delle strade di campagne, o nelle radure assolate e ai bordi dei boschi in terreni di matrice neutra o alcalina e ambienti aperti. Una specie simile è Crataegus laevigata, che si riconosce per le foglie meno incise, e che predilige terreni acidi e meno aridi, tanto da stare spesso all’interno di boschi ombrosi. A volte nelle campagne si incontra Crataegus azorolus L. - Azzeruolo, una specie di biancospino coltivata, che si distingue per le foglie coriacee per lo più con 3-5 lobi interi o con pochi denti, frutti di 2 cm , di colore rosso arancio o bruno giallastro, dolci ed eduli.

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