Il rosolaccio
Simbolo di fertilità e abbondanza
Pianta sacra a Morfeo, il Dio Greco dei sogni, raffigurato con un mazzo di papaveri in mano, rappresenta l’obblio e il sonno. Proprio quell’oblio che indusse Dementra, dea del grano e dell’agricoltura,a berne infusi per superare il dolore della scomparsa della figlia Persefone, rapita da Ade e tenuta come sposa nel suo Regno ctonio. Demetra, la Divinità della terra feconda, portava sempre con sé mazzi di papaveri e grano; da qui forse anche il simbolo di abbondanza e prosperità deri suoi numerosissimi piccoli semi tondi e neri contenuti all’interno della capsula matura del frutto. Le tradizioni antiche legate al papavero si riferiscono per la maggior parte al papavero da oppio (Papaver somniferum), originario dell’altopiano anatolico, da cui si ricava il lattice per incisione delle capsule immature, impiegato come euforizzante e sedativo, di cui abbiamo documentazioni che risalgono al 4000 a.C. , impiegato dai Sumeri, dagli Egizi, dai Greci, e nella medicina orientale; descritta in dosi e posologia da Galeno, ha anche il primato di essere stata la prima pianta in cui è stato estratto e individuato il principio attivo, nel 1804, la Morfina.
Il suo parente più stretto è il papavero selvatico Il papavero comune o rosolaccio (Papaver rhoeas) , il cui nome specifico rhoeas (letteralmente "cado") fa riferimento alla precoce caduta dei petali del fiore. Il papavero selvatico è una pianta molto comune e diffusa nei campi, infestante dei campi di cereali, presente spesso ai bordi delle strade e nelle massicciate ferroviarie.
Ormai capita sempre meno di vedere i biondi campi di grano cosparsi dalle macchie rosse dei papaveri, che tradizionalmente condividono l’habitat come specie commensiali, assieme al fiordaliso (anch’esso divenuto ormai sempre più raro). A causa dei pesticidi di cui sempre più spesso sono irrorati i campi di cereali, ci perdiamo un vero tripudio di colori, come sapientemente rappresentato nelle sue opere da Monet.
Il nome papaver pare derivi dal celtico “papa” , cioè la pappa dei bambini in cui venivano messi i semi di papavero per farli dormire. Questa tradizione si è protratta nelle nostre campagne, quando nell’impegnativo periodo della trebbiatura, alla resa dei conti del raccolto più importante dell’anno, le grandi famiglie usavano dare ai bimbi la “papagna”, una pappa fatta con i semi o con i petali di papavero per renderli più calmi e mansueti e poter così’ lavorare nei campi indisturbati e mietere il grano. Tutt’ora in ricordo di questa tradizione, è rimasto il termine “impapagnito” per indicare una persona in un certo qual modo rintronata, e “papagna” come sinonimo di malrovescio.
Il rosolaccio è un'erba annuale alta fino a 80 – 90 cm; Il fusto è eretto, coperto da peli rigidi e una volta reciso emette un liquido bianco. I boccioli sono verdi a forma di oliva e penduli, un tempo raccolti dalle bimbe e trasformati in ballerine col tutù colorato dal bianco, al rosa al rosso a seconda del colore dei petali ancora stropicciati racchiusi nel bocciolo, o anche usati come passatempo per indovinare il colore dei petali prima di aprirne i sepali. Il fiore è rosso dai petali delicati e caduchi, spesso macchiato di nero alla base in corrispondenza degli stami di colore nero. Fiorisce in primavera da aprile fino a metà estate. Al centro dei petali sta l’ovario supero, anch’esso preda di giochi dei fanciulli di un tempo, perché usato come timbro da stampare sulla fronte dove lascia la caratteristica impronta di un piccolo sole circondato da tanti raggi. Le foglie sono pennato partite sparse lungo il fusto. Il frutto è una capsula che contiene molti semi piccoli e rotondi; la capsula una volta matura diviene di consistenza legnosa, e proprio come fosse una saliera, si solleva il “coperchio” superiore liberando una serie di finestrelle sottostanti; basterà la minima brezza per far inclinare la capsula e far fuoriuscire i numerosissimi piccolissimi semi neri dalle piccole aperture disposte lungo la circonferenza esterna, sotto il coperchio E come accade spesso in natura, dove si osserva spesso il processo di “morte, decomposizione e rinascita” le stesse capsule, una volte liberate dai semi, divengono spesso durante il periodo invernale, il rifugio di piccoli insetti che protetti all’interno di quelle “4 mura” riescono a superare le intemperie invernali.
La pianta contiene alcaloidi dei quali il principale è la rhoedina, dalle proprietà blandamente sedative, contenuta in tutta la pianta e principalmente nei fiori. Per questo motivo, al momento della fioritura possiamo raccogliere ed essiccare i petali (un’occasione per cogliere la delicatezza estrema della consistenza dei petali, la cui tenera impalpabilità ricorda quella della seta più pregiata); si impiegano in infuso per favorire il sonno, ma anche per contrastare la tosse e alleggerire irritazioni bronchiali; ottimo anche come diaforetico, utile per abbassare la febbre da influenza, favorendo la sudorazione.
Applicandone 'estratto, come unguento o pomata, il papavero rosso trova impiego come lenitivo e disarrossante sulla cute irritata, anche in caso di Fuoco di Sant'Antonio e dermatiti di varia origine, mentre un impacco dell'decotto dei fiori posato sulle gengive è calmante in caso di mal di denti.
La pianta inoltre contiene anche mucillagini e gli antociani, responsabili della colorazione rosso sangue dei petali (i petali essiccati e polverizzati venivano impiegati fin dall’antica Roma come rossetto e cipria , per dar colorito alle guance e alle labbra delle matrone romane).
Ma ancor più famoso è l’uso della pianta prima della fioritura,prima della formazione dei fusti fioriferi, quando si raccolgono le “rosole”, ricercate in tutt’Italia. Sono rosette basali molto sviluppate ricche di foglie tenere, che dopo essere state ben lavate sotto l’acqua corrente (infatti la peluria che di cui sono cosparse può mantenere attaccata terra e sabbia) sono cotte direttamente in padella o lessate, impiagate in erbazzoni frittate, ripieni di ravioli , e in Romagna rinomate per il ripieno dei cascioni ( o cassoni). Dal sapore delicato e dolce, si adattano a qualsiasi piatto.
Ma la prosperità e abbondanza rappresentata dai papaveri si manifesta ancor di più nei piccoli semi che si raccolgono a maturità, in estate. dalla loro spremitura si ricava un olio ricco di acido linoleico, sterarico, palmitico ed oleico, ottimo come lenitivo ed emolliente. I semi sono utilizzati nella panificazione e nella confezione di dolci, impiegati tradizionalmente in Tirolo ma anche nell’area mediorientale. Proprio quei semi che pare che Gengis Khan, l'imperatore e condottiero mongolo, usasse spargere nei campi di battaglia dopo la vittoria, in ricordo di quanti vi erano caduti dopo aver combattuto gloriosamente .