La piantaggine

Un umile rimedio che ci sta vicino senza farsi notare

Datagiovedì 09 aprile 2020

Quando capita che qualche bimbo in visita qui al Giardino di Pimpinella si fa una leggera escoriazione, o magari gli sanguina il naso, o ancora sfiorando l’ortica si trova con la pelle arrossata e dolente, ecco che arriva subito in soccorso un’erba che, magicamente, è sempre nei pressi di chi ne ha bisogno: ne prendiamo una fogliolina, la stropicciamo per farne uscire il succo (e se siamo in mezzo al bosco invito il bimbo a masticarla, perché dopo tutto la bocca è il mortaio che abbiamo sempre a disposizione, e assieme alla saliva si ottiene la perfetta consistenza degli impacchi), e infine applichiamo il tutto sulla pelle o nella narice in caso di epistassi. Nel giro di poco la piantaggine fa il suo effetto e il bimbo torna a correre, ma con una nuova esperienza che lo ha fatto diventare amico di quest’umile erba che probabilmente saprà riconoscere, usare e insegnare ad altri amici. Un’erba davvero umile, perché per crescere bene vive laddove può essere calpestata, o meglio, è competitiva rispetto ad altre erbe dei prati proprio perché resiste al calpestio. Infatti la trovi nei prati sfalciati, nei prati calpestati del parco giochi, lungo i sentieri, nelle aie delle case di campagna (soprattutto la Plantago lanceolata) e nei talvolta nei prati deli giardini scolastici, nei giardinetti condominiali, la vedi sporgere dalle crepe lungo il marciapiede o ai bordi delle strade (specie la Plantago major), o ancora nei pascoli e nelle radure del bosco (in genere è la Plantago media). La pianta ha una rosetta basale di foglie, che si riconoscono per le nervature parallele, grosse ed elastiche, tanto che le foglie le puoi piegare senza che si spezzino; inoltre le gemme sono portate appena sotto la superficie del terreno così da non essere schiacciate sotto il peso di chi le calpesta. Pensa che gli Indiani d’America chiamavano questa pianta “l’orma dell’uomo bianco” perché pare sia stata portata dai coloni in America, e che si propagasse proprio nelle piste percorse dai loro cavalli e carri. Era famosa nelle zone rurali perché veniva raccolta da dare ai conigli (fortunati conigli!!) mentre le bimbe intrecciavano i gambi delle infiorescenze, lunghi e gommosi, per fare piccoli cestini e ghirlande. Una pianta con cui conviviamo da sempre ma così umile da non dare nell’occhio! E invece è una vera miniera di proprietà.

Ma procediamo con ordine: innanzi tutto ho parlato di 3 piantaggini. Siamo nella famiglia delle Plantaginacee , il genere è Plantago a cui appartengono circa 30 specie in Italia e 250 in tutto il mondo. Il nome generico (Plantago) deriva dalla parola latina "planta" e significa "pianta del piede" e fa riferimento alle piatte foglie basali simili a "piante di un piede" o forse a ricordare che vengono calpestate. Hanno tutte in comune la rosetta basale di foglie, dalla consistenza quasi gommosa grazie alle robuste nervature parallele, e i fusti che dal centro della rosetta di foglie, si sviluppano verso l’alto terminando con una spiga di piccoli fiori, con gli stami che sporgono sui piccoli petali. L'aspetto più evidente dell'infiorescenza sono proprio gli stami, lunghi e vibranti, che formano una coroncina che si sposta progressivamente verso l'apice dell'infiorescenza con il progredire della fioritura. Come al solito, questa caratteristica, che conferisce una particolare bellezza alle infiorescenze, risponde alla precisa funzione: gli stami sono lunghi e vibranti perché l'impollinazione è anemogama. Per questo il fiore non ha bisogno di essere particolarmente attraente e oltretutto i petali e sepali costituirebbero un intralcio nei confronti delle diffusione aerea del polline. Inoltre la maturazione degli ovuli e delle antere nella stessa pianta avviene in momenti diversi per favorire l’impollinazione tra individui diversi.

Le specie selvatiche maggiormente usate per le virtù medicinali , oltre che mangerecce sono le seguenti:

Plantago lanceolata Il nome specifico fa riferimento alla forma di lancia, cioè ovale, allungata e acuminata al vertice, delle foglie. I bordi sono interi o debolmente dentati con denti distanziati. A primavera le foglie si innalzano verso l’alto. La superficie è percorsa da 3 - 5 nervature longitudinali. Gli steli in numero variabile terminano con l’infiorescenza a spiga formata da un gran numero di fiori sessili, piccoli e dai petali e sepali ridotti. Le infiorescenze sono delle spighe peduncolate composte da fiori riuniti in gran numero; i fiori sono sessili, piccoli e ridotti in ogni elemento. I semi cadono per terra a maturità e sono dispersi ad opera di insetti, soprattutto formiche, e uccelli.

Plantago media Le foglie, sempre in rosetta basale, sono a lamina ellittica con base ristretta, dal margine intero o con regolari dentelli spaziati di 0,5 mm. Si riconosce anche perché la superficie è pubescente-vellutata con peli rivolti verso il basso, ed è percorsa da 5 - 7 nervature longitudinali. Le foglie se ne stanno tipicamente appiattite sul terreno, spesso schiacciando l’erba sottostante. Dalla rosetta di foglie si dipartono verso l’alto uno o più fusti che terminano con una spiga dei piccoli fiori, dai petali bianco rosati da cui sporgono gli stami portanti grosse antere biancastre. Nell’insieme l’infiorescenza è abbastanza appariscente, assomigliando a una sorta di scovolino piumoso e delicato. Anche in questa specie i semi maturi cadono per terra e sono diffusi principalmente dalle formiche.

Plantago major Le foglie hanno un picciolo lungo da metà a una volta la lunghezza della lamina. La forma della lamina è ovale o ellittica, ottusa o arrotondata all'apice, con portamento appressato al suolo; i bordi sono irregolarmente dentati specialmente verso la base della foglia. La lamina è più lunga che larga. La pagina fogliare è percorsa da alcune (5 - 7) evidenti venature parallele. Gli steli, da uno a 20 per pianta, terminano con le spighe formate dai piccoli fiori, sessili, piccoli e con petali e sepali ridotti. Ogni pianta produce numerosissimi semi, pare fino a 20.000! anche in questo caso cadono a terra e sono distribuiti da insetti (formiche ) o uccelli.

L’uso della piantaggine come farmaco è testimoniato fin dai tempi antichi. Plinio il vecchio ne la cita come rimedio per curare l’herpes, le ferite, i foruncoli, e altre infezioni e infiammazioni cutanee. Dioscoride ne elogia la capacità emostatica, vulneraria, antinfiammatoria, nonché l’uso per le diverse malattie che danno eruzioni cutanee tra cui anche la lebbra; non solo ma anche per ghiandole gonfie, occhi purulenti, gengive sanguinanti e ulcere della bocca, e infine come rimedio per l’asma, la dissenteria. Galeno la classifica fredda e secca , utile quindi in caso di infiammazioni e disseccante e astringente, classificata allo stesso modo anche nella medicina Araba. Il suo impiego è continuato indiscusso fino ai giorni nostri, citata come rimedio importante dai diversi autori (ad esempio Santa Ildegarda, Culpeper e l’abate Kneipp). Come al solito le conoscenze antiche derivate da un’osservazione della pianta analogica e deduttiva, oltre che energetica, trovano riscontro negli effetti dovuti ai principi attivi contenuti. Le foglie di piantaggine contengono glucosidi iridoidi, flavonoidi (luteolina), mucillagini, tannini, pectine, acido salico, sali minerali, Vit A, vit C e vit K. Tuttii questi principi attivi agiscono in sinergia formando un fitocomplesso ricco di indicazioni benefiche

Genericamente riassumo le proprietà in bechiche, espettoranti, antibatteriche, antinfiammatorie e astringenti.

L'azione antinfiammatoria della piantaggine è dovuta secondo le conoscenze antiche alla sua natura fredda e secca, e secondo la scienza moderna ai principi attivi in essa ciontenuti:tannini e mucillagini (i tannini sono astringenti e le mucillagini sono emollienti e protettive delle mucose), glucosidi iridoidi (antinfiammatori), acidi fenolici (acido clorogenico e idrossibenzoico) e aucubina che per idrolisi libera l’aucubigenina, un principio attivo possiede una marcata proprietà antiallergica e decongestionante, oltre che attivo antibatterico, bloccando la proliferazione del batterio Staphilococcus aureo, e di altri batteri. Grazie a tale straordinario insieme di sostanze utili è vincente negli stati infiammatori della cute e delle mucose, che rivestono bocca, gola e vie respiratorie in genere; astringente e antibatterica si usa negli stati di raffreddamento, dove limita e riduce il catarro e la mucosità viscerale, e cura tosse, bronchite croniche e sinusite; si usa anche per le infiammazioni delle gengive e i dolori ai denti (come sciacquo e impacco); inoltre agisce nell’apparato urogenitale (dove inoltre agisce raffreddando uteri infiammati e limitando flussi troppo abbondanti); in presenza di reazioni allergiche e infezioni batteriche, grazie anche all'azione antisettica (sia come sciacqui che per via interna); per l’elevato contenuto in minerali (silicio, zinco e potassio) è anche remineralizzante e diuretica. E infine è tonica e ricostituente: sia per il suo aspetto “disseccante” confermato dalla presenza di tannini e sali minerali: utile per dare tono, energia, tirar su, in stati di particolare debilitazione e fiacca. E inoltre agisce sull’intestino facilitandone l’evacuazione; priva di un effetto lassativo deciso, per il contenuto in tannini che equilibra e armonizza l’effetto della mucillagine e delle fibre in essa contenute.

Per uso esterno, la piantaggine è cicatrizzante, lenitiva, antipruriginosa, decongestionante, per cui è indicata in caso di dermatosi, piccole lesioni della pelle, acne, infiammazioni palpebrali e oculari anche di natura allergica. Utile quindi su punture di insetti, su irritazione da ortica o simile, come collirio su occhio arrossati; perfetta su ferite e pustole. Si usa davvero in tante situazioni e personalmente mi ricordo il suo effetto miracolo su un fastidioso e deturpante orzaiolo: mi è bastato tenerla sulla palpebra chiusa per 20 minuti, che l’orzaiolo se ne era andato senza lasciar traccia!

E poi, come se non bastasse, è anche buona da mangiare! Le foglie tenere crude in insalata, da sole o assieme delle altre erbe primaverili (ottima assieme al tarassaco, pratolina, alliaria ad esempio). Le foglie hanno la caratteristica che una volta cotte sprigionano profumo di funghi, creando una peculiare confusione olfattiva: perfette in minestroni e soffritte in padella da sole o assieme ad altre come il rosolaccio e l’ortica.

Per garantirsi la presenza di piantaggine durante tutto l’anno puoi raccoglierla e essiccarla, e tenerla per infusi; o in alternativa polverizzarla per aggiungerla a pasta, pane, zuppe… in alternativa mettila in freezer come spinaci.

La si usa o fresca e pestata come impacco sulle zone da trattare, oppure il succo o il decotto per fare frizioni, gargarismi, impacchi, e per berla come cura interna (il decotto è molto impiegato per la cura della gastrite).

L’estrazione dei principi avviene in una soluzione di acqua e alcool in pari misura, con cui si ricopre la pianta pestata e lavorata; riposta in un barattolo ben sigillato la si lascia per circa un mese avendo cura di scuoterla ogni giorno, per poi passarla in carta da filtro o colino a maglie fitte. Si assume in gocce.

Famoso è lo sciroppo fatto solo di piantaggine, impiegato come cura e protezione delle malattie da raffreddamento, specialmente tosse e inoltre come corroborante e tonico, adatto a chi sia in convalescenza e debba recuperare le forze.

C’è un'altra piantaggine selvatica, buona da mangiare: Plantago coronopus (Erba stella). Le foglie sono tutte in rosetta basale dalla lamina lunga e stretta terminano nella metà superiore con 2-6 lacinie per lato; hanno consistenza. Cresce selvatica in tutt’Italia, prediligendo le zone aride, zone salmastre, scogliere, scarpate e ambienti ruderali , specie del centrosud, ma una volta seminata si riproduce facilmente (in commercio si trovano i semi perché viene coltivata negli orti).

Per finire ricordo un’altra piantaggine famosa, presente nelle zone mediterranee dell’Italia centro meridionale, e che viene coltivata per i semi: Plantago afra, comunemente chiamata Psillio. Viene coltivata principalmente per i suoi semi che costituiscono un efficace ed innocuo lassativo. I semi, piccoli, di colore nero, insapori e inodori, contengono una mucillagine che al contatto con l'acqua si rigonfia e aumenta di volume. Il gel che in questo modo si genera nell'intestino aumenta il volume della massa fecale, ne ammorbidisce il contenuto e stimola meccanicamente la peristalsi facilitando lo svuotamento e la defecazione costituendo un efficace lassativo privo di effetti collaterali e che non da dipendenza.

P.S. Queste informazioni sull'uso delle erbe non vanno intese come sostituti della consultazione con il proprio medico o altro operatore sanitario. Quanto scritto non copre tutti i possibili usi, azioni, precauzioni, effetti collaterali o interazioni delle erbe trattate. L’autrice non è responsabile per eventuali effetti avversi o conseguenze derivanti dall'uso delle informazioni riportate. Se stai assumendo altri farmaci/droghe o sei incinta o stai allattando o hai una condizione medica diagnosticata, consulta il tuo medico prima di assumere qualsiasi erba.

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