La vitalba

La liana europea

Datadomenica 05 aprile 2020

Vitalba Clematis vitalba

L’erba dei pezzenti

Ti è mai capitato di andare nel bosco e di scoprire che dai rami di alcuni alberi alti pendono delle vere e proprie liane, che apparentemente non hanno nulla da invidiare alle liane di Tarzan? A volte i fusti sono talmente grossi e legnosi che, se non fosse per il doveroso dubbio sulla tenuta del ramo da cui pendono, ti viene proprio voglia di prendere la rincorsa e lanciarti attaccato come una scimmia per una meravigliosa altalena di ramo in ramo! Si tratta dei fusti della vitalba, che se lasciati crescere per anni divengono grossi quasi quanto quelli di certi alberi. Il suo fusto, lignificato, è volubile e lianoso, in grado di crescere di ramo in ramo in una scalata verso la luce, in alto sopra ai rami della chioma di alberi e arbusti, per poi ridiscendere, ramificandosi più e più volte e attaccarsi a nuovi rami…una strategia vincente, per garantirsi posizioni assolate che permettono alla pianta di avere una grande attività fotosintetica e quindi crescere velocemente, pur senza avere un vero tronco. In un certo senso è una grande opportunista, perchè frutta le altezze raggiunte dagli alberi senza fare la fatica di creare un fusto che la possa reggere fin lassù. Purtroppo la pianta può essere infestante, specialmente nei tratti di bosco tagliati per fare legna o lungo le strade, perché favorita dalla luce del sole si sviluppa velocemente e inizia la sua arrampicata, dapprima impiegando i gambi delle foglie che si arrotolano e avvolgono come cirri attorno ai fusti su cui inizia ad appoggiarsi per la sua crescita verso l’alto. Certo che gli alberi su cui si appoggia e che la sostengono tante volte ne risentono perché vengono appesantiti dalle sue ragnatele, che in un fitto intrico formano una sorta di rete, sottraendo luce alla pianta sottostante e mettendola a grande rischio in caso di nevicate premature, quando la neve rimane trattenuta nelle sue maglie facendo spezzare sotto al suo peso i tronchi e rami dell’ospite sottostante.

Insomma, forse hai capito che non ho una vera e propria simpatia per questa pianta, anche se non nego la magia che a volte crea in certi angoli di bosco dove i suoi fusti creano tetri disegni ombrosi pendendo di ramo in ramo come altalene per i misteriosi abitanti dei boschi, e non posso certo negare la bellezza dei suoi candidi fiori, e riconosco anche una certa attrazione per i suoi frutti, così leggeri e piumosi; ma ormai sono anni e anni che perdo la battaglia con la vitalba, e nonostante a fine inverno mi accingo a tagliarne i fusti fin dalla base laddove mi vadano a danneggiare le piante che coltiviamo, comunque in men che non si dica rispunta ancora più forte di prima!

E allora che fare?? Bé, intanto possiamo mangiarla, cogliendone le cime che spuntano in questo periodo come faceva la mia nonna di Marradi che in questo periodo ad ogni passeggiata ne portava a casa un bel mazzettino. Mi raccomando però, solo in questo periodo, perché mano a mano che cresce e sviluppa i fiori, si sviluppano al suo interno alcaloidi tossici (caratteristici della famiglia delle Ranuncolacee a cui appartiene). Poi possiamo usare i fusti più flessibili come vere e proprie corde: in particolare io le uso per legare le fascine della legna o, meglio ancora, per base di ghirlande e corone, particolarmente belle nel periodo natalizio, quando ancora porta i frutti piumosi; nel Mugello ad esempio sono usati intrecciati per i cesti, da soli o alternati a rami di salice, sanguinello, nocciolo…Un tempo poi, specie nell’area anglosassone i fusti secchi della pianta, essendo porosi, venivano anche usati come sigari, per questo chiamati "smoking cane", canna da fumare o "shepherd's delight", delizia dei pastori.

Il nome Clematis deriva dal greco klema che significa tralcio di vite, mentre Vitalba indica ancora una volta il portamento simile a quello della vite e il colore bianco dei fiori. La pianta è vigorosa, con un fusto a midollo pieno e quindi di consistenza legnosa, e può crescere fino a 25 metri, ma in lunghezza…senza contare poi che la stessa pianta può produrre diversi fusti, a loro volta lunghi e ramificati, con un'estensione totale enorme. Le foglie, caduche in inverno, sono opposte, divise in 3 -5 segmenti imparipennati, di forma ovale lanceolata e provviste di peduncoli alla base. I fiori, che compaiono tra maggio e giugno, sono formati da 4 sepali petaloidei bianco-verdastri e e sono raggruppati in infiorescenze che sporgono all’ascella delle foglie. A maturità si sviluppano gli acheni, dotati di una lunga estremità piumoso per poter sfruttare il vento come vettore della disseminazione, spargendosi in vasti areali. Lo stesso genere annovera diverse specie di Clematidi dai fiori variopinti (C. cirrhosa dai fiori isolati penduli e giallognoli; C. viticella dai fiori viola; C. flammula dai fiori biancastri) e diverse varietà selezionate come rampicanti da giardino.

E’ una pianta molto diffusa e invadente, in siepi, muretti abbandonati, margini di boschi e sentieri, canali e fiumi, dalla pianura sino ai 1300 mt.

Il nome ‘erba dei pezzenti‘ con cui viene talvolta chiamata, ricorda l’uso che ne facevano i mendicanti che,per provocare la compassione dei passanti, si strofinavano sulla pelle le sue foglie fino a procurarsi ulcere e vesciche sulla pelle. Un tempo impiegata per l’effetto revulsivo che provocano le foglie ridotte in poltiglia per fare cataplasmi per curare artriti e dolori articolari, ma con l’effetto indesiderato di far formare vesciche. Sia Plinio che Dioscoride segnalavano la pianta per curare la scabbia, mettendo a macerare le foglie in olio, da passare sulle zone colpite dal parassita. Da molti anni non è più usata, anzi è considerata tossica per i suoi principali costituenti: saponine ed alcaloidi, di cui anemonina e protoanemonina, caustici ed irritanti.
Clematis è uno dei fiori di Bach, adatto ai sognatori, a chi tende a non essere presente ma a fantasticare, a chi insomma sta sempre sulle nuvole..le stesse nuvole formate dai frutti piumosi della vitalba.

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