La Robinia

Una curiosità botanica del 1600

Datavenerdì 24 aprile 2020

Sta mani l’aria del prato davanti a casa aveva un profumo diverso, come se nel bouquet di aromi che si spande nell’aria in questi giorni,si fosse aggiunto qualcosa di dolce che sa di miele. Solevo gli occhi e vedo i rami di Robinia degli alberi che stanno lungo la scarpata davanti a casa, grondanti dei grappoli di fiori bianchi, aperti…ecco, sono arrivati anche i suoi fiori dolci come il miele! Le api iniziano la loro festa, perché li adorano, molto ricchi di nettare dolce con cui fanno il pregiato miele di Acacia, che rimane liquido e dall’aroma dolce e delicato. E’ la Robinia pseudo-acacia (Acacia). IL suo nome deriva da Linneo, il noto medico, naturalista e botanico che nel 1700 fondò la moderna classificazione: il nome specifico pseudoacacia fu dato per ricordare la sua somiglianza con le acacie, guardando la similitudine delle foglie. Il nome generico di Robinia per ricordare il giardiniere di Enrico IV, farmacista e botanico Jean Robin, che fu il primo ad importarla in Europa dall’America del Nord, dove ha origine: Robin piantò il primo esemplare a Parigi, sulla Rive gauche, nei pressi della Chiesa di San Giuliano il povero, dove da oltre 400 anni continua a fiorire! In Italia è stata introdotta 1662 nell’orto Botanico di Padova e si è diffusa in tutto il territorio Italiano ed Europeo dove ormai è naturalizzata.

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La Robinia o Acacia è una pianta che ama il sole, che si adatta bene a quasi tutte le situazioni ma che è particolarmente competitiva ai margini dei boschi, specie dove vi siano stati interventi di taglio perché grazie alla sua veloce crescita, si sviluppa prima delle specie autoctone, occupandone il posto. La troviamo spesso anche lungo i fiumi, proprio perché i frequenti tagli della vegetazione lungo le rive e i canali, favoriscono una sua rapida colonizzazione, che trova situazioni adatte grazie alla luce che penetra al suolo a seguito del taglio degli alberi; lo stesso avviene anche nei boschi, dove purtroppo a volte è causa di ridotta biodivesità sia di sottobosco che di specie arboree ed arbustive. In genere nei naturali processi di dinamismo della vegetazione la Robinia non vegeta per più di 70 anni ed è progressivamente sostituita dalla vegetazione naturale specie di Querce, Faggi, Carpini, Frassini. Il suo sviluppato apparato radicale inoltre le permette di colonizzare facilmente scarpate e terreni instabili, e per questo spesso viene introdotta in interventi di ingegneria naturalistica, grazie alla capacità di stabilizzare il terreno unitamente alla sua rapida crescita. Pianta pioniera appartenente alla famiglia delle Fabacee o Leguminose, e come le sue parenti di famiglia possiede a livello radicale dei noduli formati dal batterio Rizobium, batteri azotofissatori che arricchiscono il terreno creando nutrimento per la crescita della pianta.

La Robinia è un albero con grosse spine disposte a coppie lungo i giovani fusti e i rami; la corteccia è grigio-bruna, rugosa , spesso in superficie solcata in rilievo da corde longitudinali e intrecciate tra loro; le foglie sono alterne, imparipennate composte da 6-7 coppie di foglioline brevemente picciolate e ovali, a margine intero; i fiori hanno la corolla tipica delle Fabacee, cioè papillionacea (come quella dei piselli, delle fave, del trifoglio…), bianca o raramente rosa; i frutti sono legumi (altra caratteristica della famiglia) a maturità bruno rossastri, che rimangono durante l’inverno , contenenti 3-10 semi reniformi, molto duri e color bruno scuro. E’ una pianta robusta, tenace, che se tagliata ributta producendo vigorosi ricacci che crescono rapidamente.


I fiori contengono composti fenolici, proteine, polisaccaridi, olio essenziale, pigmenti flavonici e tannini; tradizionalmente sono impiegati come calmanti, antispasmodici, colagoghi, leggermente tonici e astringenti, ma ricerche recenti hanno evidenziato un loro effetto antibatterico e antiossidante. Più che come medicinali, vengono impiegati tradizionalmente per preparare ottime frittate o frittelle dolci in pastella, oppure aggiunti all’insalata o a risotti….o come merenda selvatica durante le passeggiate, mangiandoli direttamente dai grappoli pendenti dai rami, dal sapore dolce grazie al nettare che contiene in abbondanza. Dai fiori si ottiene un olio essenziale molto apprezzato in profumeria. Puoi provare a fare un olio profumato mettendoli a macerare in olio di Jojoba e cambiandoli ogni giorno, per rendere l’olio più ricco della frazione aromatica ed evitare di estrarre anche gli altri costituenti, che andrebbero a coprire il delicato aroma.

Un albero Yankee quindi, un pò invadente ma che è una risorsa da diversi punti di vista: sia perché pianta mellifera, sia per il legname che è un buon combustibile, sia perché arricchisce il terreno grazie ai batteri azotofissatori, sia come pianta ornamentale di parchi e giardini, e infine come pianta che consolida terreni franosi e scarpate.

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